In bella cornice di legno dorato.
Vincenzo Volo di origine francese arrivò a Milano nella metà degli anni Quaranta del XVII secolo, dove lavorò per il cardinale Vitaliano VI Borromeo, e dove collaborò con pittori di figura quali Nuvolone, Fumagalli, etc.
Nella seconda metà del Seicento il ducato di Milano, sotto la dominazione spagnola, vive un periodo di crisi economica e esce piuttosto faticosamente dall’epidemia del 1630. Nonostante tutto, grazie all’opera dei cardinali Borromeo, la Lombardia vive una vivace stagione artistica, sviluppando quello che verrà denominato come il barocco lombardo.
La bottega del Volo era composta anche dai figli Giuseppe, Francesca e Margherita, oltre a Margherita e Ludovico Caffi. L’opera in questione è attribuibile a questa cerchia di artisti le cui connotazioni si riflettono nell’operare in tale bottega. Infatti, il dipinto trae ispirazione dalle opere dei fiamminghi, caratterizzate da fondi scuri. In particolare l’opera presenta pennellate libere, dense e vivacemente scomposte nella costruzione di rose dai petali vellutati; tralci di uva con pere e ciliegie fanno da base su un piano orizzontale, dando vita a una composizione gradevole e tipica del realismo lombardo argomentato da canoni barocchi dell’epoca. Inoltre, l’opera è svolta con una materia spessa e forte dando origine a un lessico figurativo molto caratterizzante e del tutto particolare.